1946 il voto delle donne

15 Percorsi del suffragismo in Occidente «Se le donne hanno il diritto di salire sul patibolo, hanno quello di salire sulla tribuna» La celebre frase pronunciata da Olympe de Gouges (Montauban, 7 maggio 1748 – Parigi, 3 novembre 1793), poco prima di salire sulla ghigliottina, esplicita la contraddizione di una società che stava rinnovando tutto tranne il suffragio e la rappresentanza al femminile. Diritto di votare e di essere votate. Lo rivendicarono con forza le Francesi offese dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino che riservò quei diritti politici solo agli uomini. La Rivoluzione falliva l’occasione paritaria ed esplose la protesta. Olympe, drammaturga già nota per impegno e scritti negli ambie nti rivendicazionisti e abolizionisti (es. Réflexions sur les hommes nègres, 1788), espressione di un forte protagonismo femminile impegnato sui temi rivoluzionari specie in merito all’educazione e all’emancipazione delle donne, vicina agli ambienti internazionali e filosofici dei coniugi Condorcet, Helvétius e Necker, aveva già avanzato, con l’importante Lettera al Popolo (1788), un programma di riforme ispirate ad una monarchia costituzionale, di tipo inglese. In risposta all’esclusione dalla cittadinanza – termine assunto polemicamente dalle cittadine rivoluzionarie – Olympe de Gouges, ricalcando la Dichiarazione d’Indipendenza delle Colonie americane dall’Inghilterra, stese la Dichiarazione della donna e della cittadina (1791). Affermò giustizia, parità, libertà per le donne. Teorizzò un antesignano welfare Parlò in modo innovativo anche rispetto allo Stato cui dedicò Le Tre urne o il Saluto della patria, da parte di un viaggiatore aereo (1793), uno dei primi Manifesti d’ispirazione federale. Lo stesso anno, inviò un’altrettanto famosa Lettera alla regina Maria Antonietta cui chiese di abbracciare la ‘bella causa’ delle donne, scrivendo con lungimiranza: «Credetemi Signora, se giudico per ciò che sento, il partito monarchico si distruggerà da se se stesso, abbandonerà tutti i tiranni, e tutti i cuori si riuniranno intorno alla patria per difenderla.» Generosa e attenta, Olympe, contraria alla morte di Luigi XVI, come lo era anche una parte degli ambienti repubblicani, si offrì di assistere Malesherbes nella difesa, non essendoci alcuno disposto a farlo. Repubblicana, criticò il Comitato di Salute Pubblica, Marat e Robespierre di cui intuì le mire autoritarie e che interrogò su temi cruciali in un lungo carteggio. Lui chiuse i Club delle donne e i loro giornali, dichiarò ‘sovversive’ cinque donne riunite per strada e molte ne fece salire alla ghigliottina, ma le donne continuarono la produzione intellettuale e letteraria, a reclamare la cittadinanza, a chiedere attenzione alle bambine e alle adulte. Due mesi dopo aver difeso la Gironda alla Convenzione (9 giugno 1793), e denunciato la caduta dei princìpi democratici, il tradimento di quelli rivoluzionari, Olympe fu arrestata (6 agosto). Era malata e la dura prigionia, senza cure, a Saint-Germain-des-Près, le minò la salute. Trasferita alla petite Force, divise la cella con M.me de Kolly, una donna incinta che aspettava, dopo il parto, la pena capitale. L’ultimo periodo, Olympe lo trascorse nella prigione ‘dorata’ di M.me Mahay dove strinse una relazione sentimentale. Non tentò mai l’evasione ma continuò a chiedere un pubblico processo e a scrivere Manifesti. La fine della Gironda segnò anche la sua condanna a morte, seppure forse incinta. Affrontò la prova con coraggio ma con il dolore di essere rinnegata dal figlio, Pierre Aubry (futuro generale dell’esercito della Repubblica), nato dal matrimonio giovanile, forzato, nel 1765, con un uomo molto più anziano di lei, Louis Yves Aubry, di cui poi rifiutò il cognome e lo status vedovile. Lasciata Montauban verso il 1770, diventata da Marie Gouze, Olympe de Gouges, s’era stabilita a Parigi presso la sorella, preferendo al matrimonio lunghe relazioni e interessandosi agli assi portanti della società: il patto tra i sessi e l’assetto dello Stato. Colpa grave per Pierre Gaspard Chaumette, Procuratore della Comune di Parigi, che ne ridicolizzò le idee e plaudì alla morte di chi «aveva dimenticato le virtù convenienti al suo sesso» e si era «immischiata nelle cose della Repubblica » La Rivoluzione negò cittadinanza e suffragio femminile tuttavia esordirono nei cahiers des doleances, negli ambienti internazionali degli ultimi Salotti (es. Condorcet), nei club femminili, nelle rivendicazioni di Théroigne de Méricourt, di Etta Palmer d’Andler, della citata Olympe de Gouges, nell’intervento all’Assemblea del deputato montagnardo Guyomar che sottolineò come il contributo delle donne alla vita politica fosse indispensabile a una democrazia (1793). Il suffragio censorio introdotto dalla riforma napoleonica (1804) escluse le donne e tutti gli uomini che sotto la soglia del censo richiesto ai quali rimaneva la possibilità di diventare elettori ed eleggibili sposando una donna più ricca, veicolo di promozione sociale e pienezza di cittadinanza. Il socialismo utopista fiorito sulle due sponde della Manica (1820-1830) rilanciò la richiesta di suffragio per uomini e donne (insieme attaccando l’istituto matrimoniale e teorizzando una superiorità morale delle donne), ed essa si compì,

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