1946 il voto delle donne

55 La Deportazione: Vera Michelin-Salomon (ANED) Intervista di Irene Iorno La militanza antifascista, l’arresto e il processo, la deportazione, la liberazione. Momenti forti. Può dirci la sua esperienza? Sono nata a Carema (Torino) il 4 novembre 1923, da genitori entrambi ufficiali dell’Esercito della Salvezza, organizzazione protestante di origine inglese. Non ancora maggiorenne, mi sono trasferita a Roma (1941) dove ho lavorato come segretaria economa nella scuola professionale Colomba Antonietti. Abitavo presso il Foyer di Via Balbo, poi sono andata ospite di una cara amica, Enrica Filippini-Lera, in Via Buonarroti. Lei era in contatto con gli ambienti antifascisti e la sua casa si apriva a personaggi poi diventati celebri dell’antifascismo. Lì sono maturata culturalmente e politicamente e con lei e con i “fratelli maggiori” antifascisti, dopo l’8 settembre 1943 sono entrata nella rete della resistenza non armata e specialmente nel Comitato studentesco di agitazione che ho contribuito a organizzare. Il Comitato era formato da giovani donne e uomini che distribuivano materiali di propaganda antifascista contro l’occupante nazista davanti alle scuole superiori e all’Università, soprattutto in vista di un’azione di protesta prolungata che impedisse lo svolgimento delle lezioni e degli esami cui all’epoca accedeva solo la gioventù che fosse autorizzata dal costituendo esercito della Repubblica di Salò. Con Enrica entrai nella cellula del Partito Comunista, all’epoca clandestino, di piazza Vittorio. Il 14 febbraio 1944 (dietro una delazione) un comando di SS irruppe nell’appartamento in Via Buonarroti arrestando tutti i presenti: Paolo Buffa, Paolo Petrucci, Cornelio Michelin-Salomon. Io rientrai a casa dopo il lavoro, verso le ore 13 e mi fu detto che ero la ricercata ma mentre le SS mi interrogavano entrò Enrica con una borsa piena di materiale antifascista e antinazista. Solo allora fummo caricati tutti in due automobili e portati a Via Tasso (famigerato centro di tortura) dove io fui chiusa nell’unica cella femminile, per gli interrogatori. Enrica fu trasferita subito a Regina Coeli dove, dopo circa una settimana, fummo trasferiti tutti e assistemmo con strazio alla selezione. Il nostro gruppo fu processato il 22 marzo dal Tribunale Militare Tedesco che assolse i tre ragazzi e condannò Enrica e me a 3 anni di carcere duro da scontarsi in Germania. Rientrati a Regina Coeli, i tre ragazzi non furono rilasciati e assistemmo tutti, con strazio, alla selezione effettuata dai nazisti per la strage delle Cave Ardeatine. Paolo Petrucci, nonostante fosse stato assolto, fu tra le vittime. Il 24 aprile, Enrica ed io fummo caricate su un camion e poi su carro bestiame diretto in Germania e dopo molti giorni e notti di sofferenza e di paura arrivammo a Monaco di Baviera dove sostammo una notte e un giorno nel KZ di Dachau per poi essere immatricolate nella prigione di Stadelheim (Monaco). Dopo quasi un mese fummo trasferite al Frauen Zuchthaus di Aichach (Alta Baviera) dove rimanemmo un anno, fino all’arrivo delle truppe americane. L’anno trascorso in carcere fu durissimo, con lavoro obbligatorio, convivenza di tre donne in una cella strutturata per una sola detenuta, poco cibo e il sapersi esposta a ogni pericolo, in balìa di una giustizia inesistente, tuttavia avemmo maggiore possibilità di sopravvivere rispetto alla detenzione nei KZ. Il 29 aprile 1945 le truppe americane ci liberarono e ci misero in attesa di rimpatrio in una caserma allestita a campo di raccolta di prigionieri già rientrati in Francia. Paolo Buffa apparteneva alle Special Forces inglesi come ufficiale di collegamento con la Resistenza italiana, posizione che gli permise di venirci a cercare e a riportarci a casa. Arrivammo a Milano il 2 giugno 1945. Lei ha votato nel 1946? No, io non ho potuto votare nel 1946 perché mi mancava la residenza. Quando sono rientrata dalla deportazione vigevano ancora le leggi fasciste e non ho fatto in tempo a fare La Deportazione

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