1946 il voto delle donne

89 Alfa Bottoni Gramaglia (Ferrara, 3 agosto 1921). Ho votato a Saluzzo, in provincia di Cuneo, dove avevo appena trasferito la residenza e dove lavoravo come ostetrica. Lì ho conosciuto mio marito, Silvio Gramaglia, un giovane ragioniere impiegato alla Banca Popolare di Novara, rientrato l’anno prima dalla prigionia in Germania. Ero sposina, da poco più di un mese quando ho votato. Avevo 24 anni. Domenica 2 giugno ci siamo messi tutti eleganti, abbiamo votato in una scuola, era pomeriggio, intorno alle quattro e mezza. C’era movimento, c’erano tante donne, eravamo emozionate e piene di entusiasmo. Abbiamo poi fatto la passeggiata sotto i portici. Eravamo tutti emozionati perché era la prima volta che si votava... era un’emozione per le donne, ma anche per gli uomini. In città tutti sapevano che votavano anche le donne. Ne parlavano tanto, facevano tanti comizi. Si votò per l’elezione dell’Assemblea Costituente e si scelse tra Monarchia e Repubblica. Ho votato per Saragat e ho votato per la Repubblica. A Saluzzo e in tutto il Piemonte, molti erano per la Monarchia… i Savoia erano lì, a Torino. La prima volta ho votato allo stesso modo di mio marito. Ma qualche anno dopo gli ho detto: ‘Adesso tu vota per chi vuoi tu e io voto per chi voglio io’. E sono sempre andata a votare. • Fonte: La nuora, Elysa Fazzino, giornalista, ha fornito gli esiti delle votazioni del 1946 a Saluzzo dove la Monarchia ottenne la maggioranza con 5074 voti, contro i 4721 per la Repubblica In provincia di Cuneo, la Democrazia Cristiana risultò il primo partito con il 45,92% dei voti, mentre il Psiup, cui apparteneva Giuseppe Saragat, arrivò secondo con il 20,66% dei voti Margherita D’India (San Giorgio del Sannio, 9 gennaio 1916) Ho votato a Ginestra, frazione di San Giorgio. Ho saputo di votare dal mio dottore di base. Ero molto emozionata. Mi dispiace ma non ho altri ricordi in merito.” • Fonte: FILDIS Vilimide Gargioni (Copparo [Fe] 21 gennaio 1925) All’epoca del voto ero nubile ed ero una bracciante. Non ho mai partecipato all’associazionismo delle donne e nemmeno ai comitati pro-voto. Ho saputo di poter votare sia dai miei genitori che dal mio fidanzato. Ricordo che eravamo allegre in campagna perché avevamo la libertà che era finita la guerra. Prima eravamo ignoranti. Si lottava: in campagna non era roba nostra, era della Società Bonifica. La tenuta dove abitavamo noi, lì c’era il fattore, il caporale. Noi eravamo contro i caporali. Stavano col padrone, ma il padrone non c’era, era una roba governativa e così loro si davano l’aria di essere i padroni. I caporali erano più ignoranti di noi. Noi si lottava. Ci mettevamo a fare delle canzoni nostre e si cantava. Il mio futuro marito mi insegnava, ci teneva. Aveva fatto la terza elementare. Lui era stato condannato come spia, però non era vero. Era in un campo di concentramento in Germania quando c’è stata la liberazione per tutti. Del voto ne parlavamo tra noi braccianti, e quelle del comitato c’insegnavano a votare. Eravamo contente perché almeno si diceva l’idea nostra, noi eravamo contro tutti quelli che stavano coi padroni. Ci sentivamo più forti, volevamo più giustizia, i padroni non li volevamo più. Ci dicevano che le cose erano cambiate, che ora non potevano più fare come facevano prima, che finalmente avremmo contribuito a cambiare la condizione dei lavoratori. Ho votato di domenica mattina. Sono andata in bicicletta, con il mio pancione. Ero in attesa di una bambina. Sapevamo cosa dovevamo fare. Ho votato per la Repubblica. Dopo cinque giorni mia figlia è nata repubblicana. • Fonte: Maria Luisa Di Blasi Annunziata Girelli ved. Bartolini (Celalba, 12 luglio 1920) Nel nostro paese, che è vicino a S. Giustino e a Città di Castello, non abbiamo avuto i bombardamenti, gli aerei ci passavano sopra, andavano verso Pistrino. Eravamo lontani dalla ferrovia. Quando i nazisti si sono ritirati abbiamo avuto qui per un po’ di tempo un tedesco e un polacco ma noi abbiamo sempre trattato bene tutti, li abbiamo fatti mangiare. Abbiamo sempre pregato per tutti e sempre aiutato. Io insegnavo. Abbiamo saputo che le donne potevano votare sentendo parlare gli uomini che leggevano il giornale ed eravamo tutte contente. Volevamo sapere di più e in paese abbiamo fatto una colletta per comprare una radio che abbiamo messo nella scuola e tutte le sere i banchi erano pieni. Noi amiche volevamo sentire cosa dicevano per il voto alle donne. Abbiamo fatto la stessa cosa poi con la televisione. Nella mia famiglia e anche nel paese siamo sempre stati liberi di pensare ognuno cosa voleva. Prima tappa: Roma, Casa Internazionale delle Donne

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