1946 il voto delle donne

106 1946: il voto delle donne La Repubblica significava il benessere, una risorsa, una primavera! Ne abbiamo discusso a casa prima di andare a votare, con mamma prima di tutto. Lei leggeva molto, era molto aperta, era bravissima a scuola e avrebbero potuto farle continuare gli studi, i nonni stavano bene, purtroppo non lo capivano! ma lei ha sempre continuato a leggere e ci diceva tutto anche sull’importanza del voto. Mio padre era analfabeta, mamma gli aveva insegnato a mettere la firma per non fare la croce... babbo per l’educazione era unico... i valori! ma era mamma che ci insegnava le cose. Vincenza Fancello Brotza (Dorgali, 20 maggio 1921) Ho iniziato l’avviamento ma non ho finito l’anno. Mio padre era pastore e la famiglia doveva andare con lui a Dogulana o a Mottorra per fargli compagnia e rimanere tutti uniti. L’anno dopo... stessa cosa. Mi piaceva andare a scuola ma molte donne, vedendomi con i libri, mi dicevano «postu ti c’aret in su telarzu mamma tua, manna ‘e badas (tua madre avrebbe dovuto farti lavorare al telaio, ché cresciuta inutilmente).» In effetti, ero molto sviluppata, allora sei nascondevo i quaderni in pettoras (in seno). Tutte le mattine, con mio fratellino, andavamo a scuola a piedi da Mottorra e ritorno, però colaiammos in sos incurzadorzos po accoitare (passavamo per le scorciatoie... per fa prima). La prima volta che hanno votato le donne, ho votato anch’io e abbiamo fatto la Repubblica dopo che era finita la guerra ultima. Ero sposata e avevo gi tre figli, uno era morto... nel 1946. Volevamo cambiare per trovare il meglio ma oggi... non so, con tutti questi partiti che fanno a gara per entrare nel costite di bianco, avrò auto 10 anni e ci hanno rotto le file e mandate via perché il regime non voleva l’Azione Cattolica. Mi ricordo che a scuola, il maestro Pisanu, era federale, mi chiamava per ogni cosa, come una valletta e ogni due giorni mi mandava, con un bigliettino, ad avvisare gli altri maestri, di tutte le classi, che alla tal ora dovevano portare fuori i ragazzi per fare ginnastica. Il punto fisso era la ginnastica, saper marciare, destra, sinistra... avanti marsch! Poi le poesie… mi ricordo Fiero l’occhio, svelto il passo... bombe a manca, resta [destra] col pugnale. Forse allora, quando le cantavo, non capivo niente. Eravamo inquadraate, su quella strada. Finalmente il regime è finito. Ricordo Tonino, mio marito, che mi diceva «adesso anche le donne hanno un grado in più» e io che gli rispondevo «vuol dire che lo meritiamo e che abbiamo un cervello per ragionare». Era troppo bello!!! Mamma diceva «ne abbiam oddio, quante o passate!!» Era bello sapere che anche noi potevamo far parte dell’assemblea di Dorgali e potevamo dare un giudizio su quanto succedeva. Mi sembra di aver votato al Caseggiato scolastico e ho votato per la Repubblica perché la Monarchia era il Re e il Re non lo volevamo più... ne eravamo stanchi, mamma non ne poteva più delle tasse. Il Re, per noi, erano tasse... i terreni che avevamo ereditato li avevamo pagati mille volte al Re... e poi far pagare la tassa del celibato anche a uno che non era normale... e i soldati mal trattati, male organizzati, scalzi... e la guerra! Questo era il Re, noi eravamo niente.

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