1946 il voto delle donne

22 1946: il voto delle donne La vittoria, in Danimarca, concluse una lunga battaglia portata avanti da un movimento suffragista niente affatto di esclusiva impronta borghese – Matilde Bajer e Line Lulau ne furono le leader più rappresentative – che nel tempo aveva dato luogo a imponenti manifestazioni di piazza, la prima delle quali risalente al 1886. Più volte respinte le proposte di riconoscimento del diritto di voto alle donne, tali rifiuti furono, come sempre, legittimati anche in Danimarca in nome di una diversa psiche femminile, di una rappresentanza virtuale che il padre o il marito avrebbe esercitato per loro, in osservanza alla teoria delle sfere separate. Come si ricorderà, la Svizzera riconoscerà il diritto voto alle donne solo nel 1971 dopo lunghe battaglie quanto mai accidentate, e il Liechtenstein nel 1984. Non sarà mai superfluo ricordare che difficoltà, rapporti di opacità tra le donne e la rappresentanza politica, così come gli atteggiamenti e le posizioni sessiste sono sempre radicati in questo passato così difficile. Dal diritto al voto al diritto alla pace Antonia Sani, Presidente WILF–Italia Il percorso compiuto dal suffragio femminile nei vari paesi del mondo, in tempi diversi, sottoposti a regimi di diversa natura, manifesta tuttavia due caratteri comuni: l’andamento altalenante tra concessioni e ritrattazioni; la disparità di trattamento presente peraltro anche nei confronti degli uomini limitati nell’esercizio del “suffragio universale” dalle condizioni socio-economiche quando si trattasse in realtà di “suffragio censorio”. È noto che il suffragio femminile illimitato (ma alle donne non fu inizialmente permesso di candidarsi!) fu ottenuto, la prima volta, in Nuova Zelanda alla fine dell’Ottocento e che bisognò attendere i primi decenni del ’900 per vedere sancito – almeno in un ristretto numero di paesi – il “diritto di salire alla Tribuna”, altra faccia del “diritto di salire al patibolo” come affermato da Olympe de Gouges nella Dichiarazione dei diritti della Donna e della Cittadina che, ricalcando polemicamente la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, chiese ragione dell’esclusione delle donne dai diritti civili e politici della cittadinanza a una Rivoluzione Francese che l’aveva riservata agli uomini. La Finlandia, nel 1906, costituì un esempio positivo concedendo alle Finniche il suffragio universale ed egualitario; alle soglie della Prima Guerra mondiale, ottennero il voto anche le Norvegesi e le Danesi e, nel 1928, le Inglesi dopo lunghe ed emblematiche lotte suffragiste Il grande “boom” del voto femminile arrivò negli anni immediatamente successivi alla fine del secondo conflitto mondiale negli Stati coinvolti nel massacro anche se Francesi e Italiane dovettero attendere ancora a lungo l’inclusione nella legge elettorale, rispettivamente fino al 1944 e al 1946, quando, in considerazione dell’enorme contributo offerto, a diversi livelli, dalle “loro” donne, gli Stati ex belligeranti non poterono negare un diritto sollecitato dal secolo precedente e che si attuò con diverse modalità nei diversi paesi. È interessante rilevare come le opinioni nei confronti del suffragio femminile fossero di diversa natura anche in relazione alle modalità delle lotte intraprese dalle suffragiste, dette polemicamente suffragette, nei diversi Stati. L’immagine della donna che, per innate virtù, potesse esercitare un “potere civilizzante sulla politica” era assai diffusa e così quella che considerava uomini e donne uguali sotto

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