1946 il voto delle donne

23 Percorsi del suffragismo in Occidente ogni aspetto, contestando “il ruolo naturale” attribuito alle donne. E c’era anche chi – ovviamente – lamentava l’abbandono del focolare e chi pensava alla condizionata volontà femminile sotto l’egida patriarcale. Allo scoppio del Primo conflitto mondiale (1915-1918), gli Stati in cui le donne votavano erano dunque in numero esiguo e perciò nacque un movimento politico suffragista internazionale, coinvolgente donne provenienti da 26 paesi, rappresentato dall’International Women’s Suffrage Alliance fondato a Washington (1902), «con l’obiettivo di ottenere strumenti politici per condividere con gli uomini il potere che determina il destino delle nazioni». Questa forte organizzazione internazionale, cui aderirono diverse associazioni nazionali esplicitamente sostenitrici del voto femminile, ebbe il coraggio e la determinazione di presentare un Appello alle ambasciate di tutti i Governi presenti a Londra alla vigilia della Grande Guerra (1914). L’Appello faceva riferimento all’assenza del potere decisionale delle donne ma, per la prima volta, l’istanza rimase come annebbiata dalle preoccupazioni per il conflitto che stava per abbattersi sull’umanità: «Benché siamo sul piano politico prive di potere, richiamiamo con forza i governi e coloro che questo potere detengono nei nostri differenti paesi ad allontanare il pericolo di una catastrofe che non avrà paragone...» Era il segno della percezione tragica di un’Europa che, uscita dal sonno della Belle Epoque, metteva a nudo le logiche spietate di una rivoluzione industriale che acuiva il baratro tra le classi sociali e intensificava lo sfruttamento del cosiddetto Terzo Mondo, detentore di materie prime. L’accenno esplicito, nell’Appello, alle «donne di 26 paesi» è, a nostro giudizio, il suo aspetto più sconvolgente. Il numero dei paesi superava quelli europei, includeva anche quelli americani e australiani... pensiamo alle difficoltà delle comunicazioni, al tempo; ai particolarismi dei 26 paesi di storia e tradizioni diverse La guerra che si annunciava non avrebbe potuto che alimentare le loro differenze, moltiplicare l’approccio ad opposti ma similari patriottismi, distruggere la rete che, con solidarietà e abnegazione infinita, donne di tante nazionalità diverse e quasi tutte con un elevato livello di istruzione, avevano tessuto fino a quel momento. Iniziarono le defezioni dall’International Women’s Suffrage Alliance. Tra le prime, le Francesi, al Congresso de l’Aja (l’Olanda era un paese neutrale), per non incontrare «donne nemiche». Non seconde, le Italiane – appartenenti a molte associazioni dell’Alliance – che ritennero l’aiuto patriottico in contrasto con un internazionalismo «inaccettabile» in tempo di guerra! Ciò che ci preme evocare e proporre all’analisi collettiva, sono principalmente due aspetti di quel primo movimento suffragista internazionale, complice proprio il conflitto mondiale: la centralità dell’internazionalismo suffragista condotta fuori dalle angustie degli ambiti locali; il nuovo orizzonte costruttivo di una Pace nella giustizia sociale – maturato nel corso di tre Congressi (Aja, 1915; Zurigo 1919; Vienna, 1922) – in cui diverse posizioni politiche (socialiste, laiche, umanitarie, ecc.), trovarono una potente sintesi. Al congresso dell’Aja parteciparono oltre 1000 donne provenienti da 12 paesi. Era il 1915, nel pieno della guerra. In quella sede e in quel momento si formò, ufficiosamente, la Women’s International League for Peace and Freedom (WILF), ad indicazione di un percorso privilegiato, non circoscritto all’International Woman Suffrage Alliance; di uno sguardo rivolto alla sofferenza delle popolazioni, ai drammatici massacri in corso, ai quali opporre il rifiuto della guerra e delle armi La WILF, associazione internazionale, si costituì a Zurigo, al termine delle ostilità – in contemporanea all’apertura della Conferenza di Parigi (18 gennaio 1919 – 21 gennaio 1920) – per far sentire la propria voce rispetto alle condizioni della pace, definite «spietate» nei confronti dei popoli usciti sconfitti dal conflitto. La Conferenza determinò una nuova situazione geopolitica in Europa e con vari Trattati basati sul principio della autodeterminazione dei popoli, espresso da W. Wilson, presidente degli Stati Uniti d’America, definì, sulle rovine degli Imperi multietnici e multireligiosi Austro-Ungarico e della Turchia ottomana, una serie di nuovi Stati «etnicamente omogenei» (es. Cecoslovacchia e Jugoslavia), contenitori dell’impossibile tentativo di separare ciò che la storia europea e quella medio-orientale avevano unito, humus di futuri conflitti. La WILF intrecciò alle politiche suffragiste e di rivendicazione dei diritti delle donne, l’affermazione e l’elaborazione di pratiche di pace «connaturate all’essenza stessa dell’umanità», per usare le parole pronunciate da Jane Addams, prima Presidente WILF, al Congresso di Vienna, in una città assediata dall’inflazione, tra le più terribili che la storia ricordi. Basti pensare che la gente, per acquistare beni primari, doveva riempire di soldi le carriole portate a mano, poiché le corone in quel momento non valevano più niente. Le considerazioni di Jane Addams – condivise da femministe e pacifiste anche esterne alla WILF – differirono da luoghi comuni di lunga data:

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