1946 il voto delle donne

32 1946: il voto delle donne Il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane: intervista a Daniela Monaco di Fiorenza Taricone Nel 1903 nasceva a Roma il Consiglio Nazionale Donne Italiane, e sperimento unico, al tempo, di Federazione di Associazioni diverse, costituente la Sezione Italiana dell’International Council Women, nato nel 1888. Pensi che l’apporto di altri paesi stranieri sia stato importante? Direi di sì, ha fatto nascere e ha rinsaldato la consapevolezza che il genere fosse una categoria sociale e politica trasversale e che ci fosse bisogno di un’analisi diversificata per sesso nell’interpretare le tante realtà femminili, europee ed extra europee. Inoltre, il CNDI, presente in molte città grandi e piccole, rappresentò anche un baricentro per molti organismi associativi che sarebbero rimasti confinati in piccole realtà e vennero invece a conoscenza di temi che sprovincializzarono linguaggi, mentalità consolidate incidendo sulla modificazione degli stereotipi e sulle relazioni fra i generi. In relazione al diritto di voto, quale è stata la spinta del Consiglio Nazionale Donne Italiane? Come per tutto l’associazionismo femminile il periodo storico fra Ottocento e Novecento è stato una palestra di libere discussioni, un confronto diretto fra donne di età, censo, classe ed esperienze diverse. Anche la costituzione del CNDI è servita quindi a creare un confronto tra diverse associazione e dunque diverse persone: far maturare la consapevolezza di diritti e doveri e a far emergere come, nonostante le differenze di classe, anche le più colte e benestanti fossero prive dei diritti fondamentali, quindi in un certo senso, tutte uguali nel depauperamento della cittadinanza. La vicinanza temporale del Risorgimento, inoltre, con l’influenza mazziniana, facilitò il dibattito perché molte donne condividevano la teoria di Mazzini secondo cui i diritti passavano attraverso il compimento dei doveri. Inoltre, le associazioni femminili, come si legge anche negli scritti di chi mi intervista, sono state esse stesse laboratori politici, perché le socie regolavano la vita associativa secondo norme democratiche, sperimentando un diritto di voto che all’esterno non avevano. Le cariche, infatti, di Presidente, Vice Presidente, Segretaria per l’Interno, Tesoriera, tanto per esemplificare, venivano presentate, discusse, elette con lo stesso meccanismo e la stessa logica delle elezioni amministrative e politiche, sia pure a dimensioni ridotte. Quali sono stati i rapporti del Consiglio Nazionale Donne Italiane con i Comitati Pro-voto? Positivi: va premesso che non poche donne facevano parte di più associazioni, per lo stesso fenomeno in parte odierno: le donne impegnate nel sociale e nel volontariato tendono a fare sempre di più, quelle che si tengono in disparte fanno sempre meno. Nell’associazionismo femminile comunque la compresenza in più organismi ha rappresentato una ricchezza, per gli scambi che ne conseguivano, e il rinsaldamento delle cosiddette ‘reti femminili’ attive ancora oggi; tutto ciò ha impedito di fossilizzarsi su un solo problema per quanto cruciale e ha accresciuto la consapevolezza che la condizione femminile sarebbe cambiata in virtù di un cambiamento sostanziale e collettivo, anche se le singole conquiste avrebbero avuto tempi diversi di risoluzione. Infine, le socie che si recavano all’estero o erano in contatto con le associazioni straniere portavano ‘notizie fresche’ della causa suffragista, in un periodo in cui i media erano molto ridotti, la stampa era un’operazione complessa, e la conoscenza delle lingue, era di solito appannaggio delle borghesi e aristocratiche colte. Quali erano i rapporti con il movimento femminile socialista? La maggior parte delle socie del CNDI era di provenienza liberale, mazziniana, illuminata, ma con scarsa rappresentanza socialista. Alcune delle socie più attive del Consiglio erano sinceramente democratiche e suffragiste, ma provenivano da famiglie benestanti, se non ricche, proprietarie di beni mobili e immobili, oppure erano sposate con uomini che avevano cariche politiche o erano rappresentanti di partito non in sintonia con il pensiero socialista; è noto che all’interno del Partito Socialista e o nel movimento di area socialista la convergenza fra operaie e borghesi sul tema del suffragio universale era fortemente avversata perché si temeva che le donne borghesi avrebbero votato secondo i loro interessi di classe e non secondo il genere di appartenenza. Il Consiglio in fondo seguiva la strategia di Anna Kuliscioff: marciare divise per colpire unite.

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