1946 il voto delle donne

40 1946: il voto delle donne pevole di quello che faceva Sapeva che forse non ci saremmo più rivisti Sapeva che la vendetta del fascismo si sarebbe abbattuta su di lei e sui nostri figli Mi ha lasciato partire » (S. Giacobbe, Lettere, 19) Così scrive Dino Giacobbe alla figlia Maria**, ricordando la moglie, Graziella Sechi, militante antifascista che con Mariangela Macconi e Marianna Bussolai formò quella che l’intellettuale Raffaello Marchi definì triade femminista sardista. Una triade dislocata tra Orani e Nuoro, espressione di un fermento rivoluzionario, al femminile, che aggregò molte donne tra le quali Maura Puggioni, la pittrice Caterina Cucinotta e ancora, nell’oscuro e isolato orizzonte dei paesi più duri della Barbagia, Giuseppa Puggioni, Nicolosa Demontis di Lula, Margherita Sanna di Orune più volte segnalata come appartenente al gruppo degli oppositori nuoresi. Questi e molti altri nomi emergono nella ricerca documentale di Angela Orani, Direttrice dell’Archivio di Stato di Nuoro, sui ‘fondi storici’ della Questura, serie ‘sovversive’, in merito alle donne che cercarono di uscire, fisicamente e intellettualmente, dagli angusti spazi in cui il regime le aveva costrette e che per questo furono perseguitate. «La politica del fascismo» dice Angela Orani «evidenziò le differenze tra uomini e donne. La donna subì il controllo della sessualità, il lavoro salariato e tutta una serie di grandi limitazioni alla sua partecipazione sociale, rimanendone ghettizzata». Tra le tante cui si dovrebbe dedicare più tempo di ricerca, gratitudine e memoria, citiamo ancora Margherita Sanna, sindaca democristiana di Orune per tre legislature (dal 1946), la prima a ricoprire quella carica nell’Italia devastata dalla Seconda Guerra mondiale, anche lei nell’antifascismo nuorese, in carcere a Buoncammino (Cagliari), nei terribili giorni dei bombardamenti degli Alleati. Non sappiamo con certezza se, negli anni del confino, Lina Merlin sia entrata in contatto diretto o indiretto con alcune di queste donne ma dalle sue parole si capisce che conosceva i nomi dei fuoriusciti e gli ambienti dell’antifascismo sardo. Nelle sue lettere alla madre, più oltre pubblicate per gentile concessione di A. Orani alla Mostra-Convegno 1946: il voto delle donne, si nega però la frequentazione di ‘comunisti’. Finiti i cinque anni, prima di partire da Nuoro, chiese e ottenne di poter salutare alcune persone fra le quali, sicuramente, Graziella Sechi, perché si legge: «entrai nella casa del – reprobo – ingegner Giacobbe e tenni fra le braccia l’ultima nata, oggi celebre scrittrice, sposata a un poeta danese» (op cit., pag. 41-48). E quando arrivò il giorno della partenza, è un corteo di donne in lacrime ad accompagnarla alla stazione, segno evidente di un legame forte di solidarietà e di condivisione di idee. Ci piace credere che la sicurezza con cui molte delle nostre novantenni e centenarie di oggi, ricordando con emozione il loro primo voto, affermano che la Repubblica «significava per noi il benessere, una risorsa, una primavera» discenda anche dall’impegno e dal sacrificio di quelle donne. ** Maria Giacobbe (Nuoro, 1928 -Copenaghen), naturalizzata danese dopo le nozze con Uffe Harder, è scrittrice e saggista prolifica, esordita con Diario di una maestrina (Laterza, 1957) che vinse il Premio Viareggio-Opera Prima e la Palma d’Oro dell’UDI ed è tradotto quindici lingue. La sua opera, attenta alle tradizioni e alla società, favorisce lo scambio culturale tra Sardegna e Danimarca dove, dal 2008, presiede il Comitato degli autori danesi per la difesa della libertà di espressione.

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