1946 il voto delle donne

41 L’antifascismo nel Ventennio, la guerra, la Resistenza * Lina Merlin (Pozzonovo, 15 ottobre 1887 -Padova, 16 agosto 1979), rientrata dal confino sardo a Milano (1930), sposò il medico ed ex deputato socialista di Rovigo Dante Gallani, come lei partigiano militante, di cui rimase presto vedova. Insieme a Giovanna Barcellona, Giulietta Fibbi, Laura Conti, Elena Drehr, Ada Gobetti e Rina Picolato, fondò a Milano i Gruppi di Difesa della Donna (GDD) la cui rete clandestina, peninsulare, coinvolse molte decine di migliaia di donne e fu matrice dell’UDI. Sfuggita all’arresto dei Nazisti, organizzò nella sua casa di via Catalani 63 l’Insurrezione con Claudia Maffioli, Lelio Basso, Rodolfo Morandi e Sandro Pertini (7° Presidente della Repubblica Italiana); partecipe dell’occupazione del Provveditorato di Milano, impose la resa ai nazi-fascisti. Nominata dal CLNAI ‘Commissario per l’Istruzione’ della Lombardia (27 aprile 1945), fu una delle nostre Madri Costituenti cui si deve la precisazione «senza distinzioni di sesso» nell’art. 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Prima donna ad intervenire in Senato nel 1948, nell’agosto di quell’anno, con il sostegno dell’Alleanza femminile internazionale e il suggerimento di Umberto Terracini, depositò un disegno di legge per abolire l’ottocentesca Legge Cavour che aveva esteso al Regno d’Italia la normativa sulla prostituzione controllata dallo Stato vigente Regno di Piemonte e Sardegna. Una battaglia di civiltà che portò a conclusione in un decennio, le lotte iniziate nell’Italia Unitaria dagli ambienti femminili e femministi pro-suffragio di cui fu esponente di spicco Marianna (detta Anna Maria) Mozzoni, attivissima pioniera dei diritti civili e delle donne, giornalista, fondatrice dell’Alleanza femminile per il suffragio, il cui celebre documento Alle fanciule e alle figlie del popolo termina con: «Vieni con noi, fanciulla, a seminare la giustizia e la libertà. Vieni con noi e sii la madre delle generazioni a venire.» (F. Taricone, op cit., 26). La “Legge Merlin” (n. 75, 20 febbraio 1958, G.U. n. 55 del 4 marzo 1958), chiuse circa 700 delle case di tolleranza e liberò più di 3000 donne dalla schiavitù sessuale e da un regime ricattatorio e anche penale: le donne che fuggivano da quelle case o non stavano al regolamento” (anche rispetto al numero delle prestazioni obbligatorie), erano condannate al carcere “per sospensione di pubblico servizio” (Legge n. 75, 20 febbraio 1958, G. U. n. 55 del 4 marzo 1958). L’abolizione della normativa schiavizzante per le donne e assolutoria per i loro “clienti”, fu un atto di civiltà che allineò l’Italia alla Francia (dove ‘i casini’ erano stati chiusi nel 1946) e rispettò la Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione (Onu, n. 317 [IV], 2.12. 1949, vigente dal 25.7.1951), applicata in Italia con grande ritardo (Legge n. 1173, 23 settembre 1966). La legge Merlin, tanto polemicamente contrastata, fu di fatto poco o nulla applicata nelle norme che stabilivano il contrasto e la punizione di chi favoriva e sfruttava la prostituzione (art. 10); né fu istituito subito il previsto Corpo di polizia femminile per prevenire e reprimere reati contro il buon costume e contrastare la delinquenza minorile (art. 11). Tale Nell’intervista rilasciata a Enzo Biagi (RAI Storia), la cosiddetta Senatrice ribelle, irriducibile nelle sue battaglie per la giustizia sociale e per i diritti delle donne, narra la battaglia sostenuta al Senato e alla Camera per quella legge che spaccò la società, pagata a costi personali e politici altissimi tali da impedirle di rimanere nel Partito Socialista e di farle rinunciare ad una nuova candidatura. (vedi Lina Merlin, pag 66)

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