1946 il voto delle donne

46 1946: il voto delle donne alla Caserma Cernaia e davanti alle nostre finestre c’era un frenetico movimento di Repubblichini che accumulavano sacchi di sabbia. Anna Rosa mi mandò in Curia ad avvertire che, in una casa vicina, c’era un morto da seppellire ma io non ci arrivai perché, all’altezza di via Barbaroux, vidi, con gioia e meraviglia, avanzare ai due lati della strada lunghe file di partigiani scesi dalla montagna, diretti alla caserma Cernaia, occupata dai Tedeschi. Mi precipitai a casa a dare la buona notizia. Erano giorni che, tra un ordine e l’altro, li aspettavamo. Rimanemmo in cantina la notte del 25 Aprile, con loro appostati intorno alla casa, all’assalto della caserma. Cessati gli spari, incautamente uscìi a vedere la situazione e la pallottola di un Repubblichino in fuga mi sfiorò. A Torino, per molti giorni, la situazione rimase incerta. Mia madre rientrò, una o due sere dopo, sconvolta perché i Repubblichini avevano impiccato i Partigiani Comunisti sotto casa nostra per vendicare l’attacco alla Caserma. In fretta e furia nascondemmo il materiale clandestino, i nastri tricolori e i volantini inneggianti la Vittoria. Ricordo la disperazione di mia nonna Anna che chissà quanta paura aveva sempre avuto per noi, come mia madre! A Torino, la guerriglia durò oltre il 25 Aprile 1945, con cecchini e scontri armati per le strade. Finalmente libere e liberi, ciascuno orientò come voleva la propria vita ma l’incantevole armonia della clandestinità era finita e così le alleanze tra cattolici, socialisti e comunisti. Ogni Partito aprì le proprie Sedi, con proprie insegne. Noi sorelle c’iscrivemmo nella DC e ci attivammo per il Referendum a favore della Repubblica. Io non ricoprivo, come Anna Rosa, incarichi di particolare responsabilità ma ero Attivista, tenevo comizi nelle piazze e nelle Sedi locali del Partito e nelle piazze. Fui la prima donna a tenere un comizio su un palchetto montato in uno slargo di Via Nizza, a Torino. Parlai dai balconi dei Municipi dei piccoli paesi di campagna e di montagna, nei teatri, nei mercati. Non era facile, da entrambe le parti c’era una forte opposizione. Cominciava la propaganda pro e contro, democristiani e comunisti soprattutto; anche sul fronte del Referendum niente era scontato specie da noi anche se i Savoia avevano fatto quello che avevano fatto al paese prima con Mussolini e poi con la fuga al Sud e l’abbandono alla vendetta del nemico di mezza Italia. Nel Giugno del 1946, l’on. Giulio Andreotti, entrato nel Governo dell’onorevole Alcide De Gasperi come Presidente Nazionale dei Giovani della Democrazia Cristiana, organizzò un primo Incontro Nazionale tra i rappresentanti giovanili delle Regioni Italiane e fui inviata dal Partito a Roma, in rappresentanza delle Giovani Democristiane del Piemonte. Nessun’altra Regione si era ancora organizzata in tal senso, perciò ero l’unica ragazza fra un centinaio di ragazzi. Strette di mano, abbracci, complimenti; m’invitarono al Teatro della Garbatella per parlare delle partigiane di montagna e città, delle staffette, dei GDD. Fiori, striscioni, battimani ma quando, il giorno stabilito, feci per entrare nella sede della DC, in Piazza del Gesù, fui fermata e qualcuno disse al delegato piemontese che mi stava al fianco «le fidanzate non possono entrare!» Precisato che ero una delegata, entrai nello stupore generale, nel mormorìo che ricordo ancora quasi con piacere. In quei giorni, dopo l’udienza con Pio XII, mi fu regalata la fotografia che mi ritrae, unica donna, in mezzo ai delegati, di cui molti diventarono illustri esponenti della DC***. Nella campagna referendaria, politica e per le Amministrative che avvennero in due turni, i pareri sul suffragio femminile erano discordi anche nella DC ma per noi donne era esaltante e fin troppo lunga l’attesa del voto. Entrare in una cabina elettorale mi ha fatto sentire per la prima volta nella mia vita importante Potevo esprimere il mio pensiero, farlo contare. In famiglia, votammo tutte per la Repubblica ma ognuna di noi andò da sola, forse mamma e nonna insieme, e non festeggiammo particolarmente all’esito della consultazione. La partecipazione femminile fu molto intensa. Dentro il Seggio c’erano già donne in rappresentanza dei vari partiti e io feci per l’ultima volta la staffetta portando le notizie dal Seggio al mio Partito. • Fonte: La figlia, Maria Paola Fiorensoli e la nipote Irene Iorno * “Illustrazione del popolo”, VIII, n. 6. ** Fabbri G., in “La cinematografia italiana ed estera”, Torino, n. 2, 12.4.1925. *** Fotografia Pontificia G. Felici di Roma, giugno 1946

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