1946 il voto delle donne

49 L’antifascismo nel Ventennio, la guerra, la Resistenza Emilia Gobbin vedova Ricci (Roma, 31 marzo 1921 – Nettuno 21 novembre 2017) Testimonianza Abitavo nel Rione San Lorenzo, all’angolo di Via dei Reti, davanti alle rotaie del tram 11, tra lo Scalo San Lorenzo e Porta Maggiore. Mio padre aveva una falegnameria, con magazzino negli uffici commerciali dello Scalo. Oltre le rotaie c’erano i prati. Mio padre si occupava del suo lavoro e dei suoi operai e ci ha sempre tenuto vicine, ben guardate. Erano tempi pericolosi. Non c’era niente di sicuro. Il quartiere era commerciale e periferico. Mia sorella ed io non ci siamo mai occupate di politica, andavamo a scuola e aiutavamo in casa e nella falegnameria. Io frequentavo le commerciali all’Istituto E. Natal e davo una mano a papà per le pratiche. Andavamo al centro solo per sbrigare le pratiche negli uffici. Quando andavano al Cimitero del Verano passavamo da una porticina laterale sempre aperta, intorno c’erano solo campi, e da quei campi sono arrivati gli Americani che salivano da Napoli e venivano su dall’Appia e dalla Tiburtina. Li abbiamo visti attraversare le rotaie. Mio padre ne fece entrare tre o quattro in magazzino, dando loro qualcosa, trattandoli bene perché non voleva che salissero in casa dove c’eravamo io e mia sorella. Quando hanno bombardato il quartiere di San Lorenzo e suonavano le sirene, gli operai sono fuggiti. La gente s’infilava nei portoni. Mio padre ci ha fatto riparare sotto le arcate del magazzino poi, mentre tutto crollava e c’era un polverone di calcinacci, ci messo la testa nell’acqua del lavatoio. Tutte le case avevano al piano terra o nello scantinato due o tre grandi lavatoi per fare il bucato; in una vasca s’insaponavano i panni e nell’altra si risciacquavano. Le bombe cadevano molto vicino e siamo state così con la testa nell’acqua, per tre ore, terrorizzate. Quando tutto è finito ci siamo affacciate sulla strada che non c’era più, non c’erano più le rotaie del tram 11, neppure i binari dei treni e nemmeno le case davanti. Papà aveva un amico che ci ha ospitato nel suo appartamento vicino a Piazza Bologna. Siamo andati a piedi fino lì, tutti sporchi di polvere e siamo vissuti da sfollati finché mio padre ha ricostruito con le sue mani la falegnameria e la nostra casa, dov’erano prima. Da noi, nella parte esterna del quartiere di San Lorenzo, dove tutti lavoravano, non ci sono state manifestazioni e neppure comizi per il voto alle donne e non ho visto manifesti. Queste cose le facevano al centro ma a Roma la gente non va al centro, se lavora. Papà non si occupava di politica ma sentivamo qualche chiacchiera. Io ho votato Repubblica mentre mia madre Monarchia. Non si è parlato tanto del voto delle donne da noi; continuavamo a lavorare e nella mia vita ho continuato a farlo. Mia figlia Bruna invece è sempre stata attenta alla politica e specie a quella delle donne. Maria Paola Fiorensoli

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