1946 il voto delle donne

50 1946: il voto delle donne Rosa Rizzuto vedova Lauro (Serra Pedace [CS], 21 agosto 1923 – Parma) Testimonianza La mia era una famiglia di agricoltori ma io stavo in casa e facevo tutto quello che serviva. La gente che faceva i comizi ci ha detto che potevamo votare e ne sono stata felice. Avevo 23 anni nel 1946 e sono andata a votare insieme a 13 parenti: genitori, zii e zie, non le mie sorelle che erano più piccole. Ci siamo messi in fila. C’era anche mia nonna di 82 anni che piangeva perché i preti le avevano detto che se avesse votato il Partito Comunista sarebbe andata all’inferno e così ha votato Democrazia Cristiana ma quando ha vinto il PCI il paese ha fatto festa. Il nostro paese aveva sofferto molto sotto il Fascismo e sotto i Tedeschi e anche sotto i terribili bombardamenti americani. Mi ricordo che durante gli ultimi anni del Fascismo, Pietro Ingrao era nascosto in una casetta nel bosco e gli abitanti del mio paese gli portavano da mangiare le castagne arrostite. Io ero molto piccola e stavo in paese con mia mamma e i miei fratelli soprattutto d’inverno. D’estate si stava tutti in Sila in un terreno preso in affitto vicino alle terre del Barone Baracca, che si chiamava Valle capre. La casa era costituita al primo piano da 2 stanze dove si cucinava, mangiava e si dormiva. Non c’era la corrente elettrica, né l’acqua, né il gabinetto. Poi c’era la soffitta. A pianterreno c’era il magazzino (dove conservavamo i caciocavalli, le ricotte, i prosciutti, le soppressate, i capocolli, le salsicce prodotti durante l’anno) e una stalla per i maiali e i polli. Qui a Valle capre mio papà coltivava la terra e allevava ovini e alcuni bovini: le nostre mucche erano magre e facevano poco latte perché avevano poca terra per cui di tanto in tanto mio papà regalava una ricotta o un caciocavallo ai guardiani delle terre del barone Baracca; questi lavoratori, pagati pochissimo, per sfamare le famiglie chiudevano un occhio e di nascosto permettevano alle nostre mucche di mangiare erba abbondante dei campi del barone. Il giorno dopo mungevamo molto latte. I miei genitori mi hanno tolto da scuola all’inizio della 3° elementare perché «avevo otto anni ammazzati» e dovevo aiutare per tirare su i figli minori: due sorelle e cinque fratelli. Oltre ai lavori di casa (cucinare, rigovernare, pulire la casa, andare a prendere l’acqua), dovevo curare l’orto, i polli e i maiali, aiutare a fare il bucato con la cenere e ogni 15 giorni a fare il pane. Ai Comunisti inviati al confino in questo paese della Sila, i bambini portavano, nascosti sotto la maglietta, i giornali acquistati per loro conto. Dopo la Liberazione molta gente è emigrata, anche molti miei parenti, specie in Canada e in Argentina. Da sposata, nel 1956 sono andata a vivere a Parma. • Fonte: Vanda Lauro e famiglia

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