1946 il voto delle donne

61 La conquista del suffragio femminile in Italia meriterebbero di essere molto più conosciute e che hanno lasciato in segno indelebile nei loro paesi. A favorire il positivo risultato delle amministrative aveva contribuito l’esperienza maturata nei governi locali del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), il legame con le comunità stabilito nella fase resistenziale. Gia allora, come aveva ben capito Franca Pieroni Bortolotti, le donne che “restituiscono alla gente nelle zone liberate il senso delle istituzioni ma di istituzioni diverse da quelle tradizionali cercano di riorganizzare anzitutto l’assistenza di sopperire ai bisogni primari di una comunità. Il principio non è che questo, quando ancora nessuno discute nel 1944 di voto alle donne sono le donne che hanno già risolto da sole il problema, che prendono parte alla vita pubblica, ‘politicizzando’, come si usava dire, la popolazione; vale a dire, le donne si mettono a parlare con le persone che frequentano le cucine, gli ambulatori, gli asili, gli ospedali improvvisati, e spiegano i motivi del partigianato, i motivi della loro scelta. Il lavoro sociale svolto a ridosso della Liberazione rappresentò una vera e propria palestra per sviluppare o affinare capacità di relazione, creare legami, farsi conoscere e apprezzare». Anche per questo a chi, durante la campagna elettorale, diceva che le donne non avessero esperienza amministrativa, si obiettava che quella mancanza poteva in realtà essere un vantaggio perché elimina ogni spirito burocratico e che per loro, in particolare, il Comune si pone come struttura al servizio della cittadinanza, imparziale e corretta nell’applicare le norme e dispensare i servizi. Temi centrali nella propaganda di quei mesi: il Comune dovrà essere a servizio della collettività ed i suoi funzionari adempiere con comprensione e senso di responsabilità, il loro dovere. Il messaggio, sia da parte delle donne laiche che di quelle cattoliche, individuava inoltre il Comune come ‘scuola della vita politica in cui preparare i servitori dello Stato’ dove, utilizzando le tante energie locali, s’accresceva la coscienza che l’amministrazione pubblica vada concepita come servizio decoroso, reso con impegno per il bene comune. Il Comune, dunque, era la cellula primaria della vita democratica cui affidare, nella complessa fase, un ruolo centrale nella definizione dei poteri istituzionali, fulcro dell’apprendistato alla politica e della partecipazione attiva alla politica. E non a caso, in quei primi anni d’esperienza amministrativa, l’UDI tentò un raccordo tra le amministratrici in vista di una comune progettualità per dare forza alle richieste delle donne. L’accento batteva, per tutte, sulla realizzazione di servizi, ospedali e ricoveri per gli anziani; asili, refettori e scuole per i bambini; ambulatori di ostetricia per le madri; su un più equo sistema di distribuzione delle derrate alimentari. Anche per questo le associazioni affrontarono la campagna elettorale con un chiaro programma rivolto alle donne chiamate a manifestare nelle urne, apertamente, i loro orientamenti politici e la loro volontà; elettrici che dalle amministrazioni comunali si aspettano servizi indispensabili alla collettività; lotta tenace contro il mercato nero, la disoccupazione e il banditismo; precedenza assoluta alla ricostruzione delle abitazioni civili; una decisiva azione nel campo della igiene e della sanità pubblica con aumento del numero dei medici e delle ostetriche di condotta e forte solidarietà nell’assistenza; scuole, asili, collegi per bimbi; una politica tributaria che non gravasse sulle masse popolari e una lotta, a fondo, contro la reazione e contro il fascismo. Particolare valore fu dato al diritto al lavoro, alla lotta all’analfabetismo e alla crescita culturale e politica delle donne. Molto forte era, ed è, infatti, la preoccupazione, soprattutto nell’UDI, rispetto all’autonomia economica delle donne e allo scarso livello d’istruzione in Italia. Per questo, l’UDI farà della lotta all’analfabetismo e del miglioramento del livello culturale una condizione fondamentale di accesso alla cittadinanza. A tal fine, le militanti si prodigarono istituendo corsi e scuole serali, chiedendo la creazione di scuole femminili festive e serali, elementari e medie, di scuole rurali volanti, tutte gratuite, di biblioteche circolanti, di istituzioni che tendessero a svegliare l’amore allo studio, al teatro, alla musica, all’arte in ogni sua forma e anche assegnazione di borse di studio per permettere alla gioventù di ambo i sessi di sviluppare le proprie capacità artistiche e culturali. Elencare, nella gestione comunale, almeno di un locale per spettacoli. Nel corso delle elezioni del 1946, UDI e CIF, le due maggiori organizzazioni, svolsero una propaganda «metodica e capillare», insegnarono alle donne i principi basilari della democrazia, spiegarono con pazienza le tecniche delle votazioni e le regole che governavano le procedure nei seggi, contribuendo anche, con pedanteria, ai processi di costruzione di una cultura politica quotidiana, materiale: «che è poi la forma costitutiva delle modalità e dell’intensità della loro adesione alle istituzioni, della loro ‘cittadinanza’». • *Fonte: “Il Foglio de il Paese”, n 1, XXIX, 31 marzo 2016

RkJQdWJsaXNoZXIy MjM0NDE=